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Il lettore, più e meglio che in ogni documento di archivio, vi troverà lo stesso mondo di dolore e di follia, di cui narrarono grandi scrittori quali, fra gli altri, Remarque, Lussu, Hemingway, Soffici, Petraccone, Jahier, Stuparich, Serra, Ungaretti, tutti poeti-soldati, sconvolti dalla immanità della tragedia. Matera - annota il prof. Caserta - con i suoi dibattiti ideologici, con i suoi mutilati, decorati, morti, invalidi e, perché no?, disertori, riflette, come in un frantume di specchio, tutto quanto avvenne in altre città, nazioni, nell'Europa tutta, e oltre. Forse, però, per Matera, tutto accadde con una intensità di dolore e costernazione maggiore che altrove. Si dette il caso, infatti, che i contadini Eustachio Vincenzo, Donato Vito e Bellisario, a differenza dei commilitoni di altre regioni, nulla sapessero ancora "d'Italia e d'Austria, di libertà e indipendenza. E non sapevano né leggere né scrivere", anche se qualcuno, proprio in guerra, imparò.